BIOGRAFIA DI LAMA TSONG KHAPA

Per la preghiera a Lama Tsong Khapa (Migtsema)  vedere: migtsema.html

Il Venerabile Lama Tsong Khapa nacque nell’anno della “gallina di fuoco” me mo bya, 1357 A.D., nella regione di Tsong Kha, che ora è chiamata Tsong Thar.

All’età di tre anni ricevette i voti laici e all’età di nove intraprese il noviziato religioso col nome di Losang Dragpa, (bLo bzang grags pa’i dpal).

All’inizio Tsong Khapa fu l’attendente di molti kalyanamitra (sanscrito: amico o maestro spirituale) nel paese di sKyi-sod, mentre più tardi fu l’assistente del Venerabile Red mda’ ba gZon-nu blo-gros, Rendawa, un maestro Sakyapa al quale dedicò una preghiera, la Migtsema, dMigs brtse ma Questa preghierà diventerà famosa perché Rendawa la rese al suo discepolo dedicandogliela a sua volta, divenendo così la Preghiera a Lama Tsong Khapa.

Egli studiò molti dei Pitaka. Era dell’opinione che, eccetto per la pratica della Saggezza (prajna), non ci fosse altro sentiero per l’emancipazione. Siccome questa dottrina era basata sugli shastra (sans.: ordine, comando, buon consiglio, manuale, trattato, commentario) della scuola Madhyamika, egli li studiò diligentemente. Nel campo dei Tantra trovò che Shri Guhyasamaja Tantra fosse il principale tra tutti e ne cerco l’essenza. Questo Tantra fu composto in India nel 300 A.D. e contiene anche il Pantheon buddhista. La parola Guhya in sans. significa misterioso, mistico, segreto, mentre la parola samaya significa incontro, convegno, unione, connessione, contatto. La personificazione di questa “unione col mistero mistico” è la divinità Guhyapati, il Padrone dei Segreti mistici, in tibetano Sang-dus (pron. Sang dui), la forma tantrica di Vajradhara (sans.: il Detentore del Vajra, o più precisamente “Colui possiede che un Corpo adamantino, una Parola adamantina e una mente adamantina”).

Tsong Khapa era dell’opinione che il saggio Bu ston avesse padroneggiato un gran numero di Yoga Tantra e studiò questa classe di Tantra con Gong gsum bDe chen pa Chis kyi dpal pa e con Khyng Lhas pa. Riteneva che il Vinaya della Sacra Dottrina, fosse la base per l’intera dottrina del Buddha e studiò prima di tutto il sistema del Vinaya sotto la guida del maha-upadhyaya (sans. eminente precettore) sKyor lung pa.

Mentre soggiornava con i suoi colleghi studenti di filosofia, sebbene dotato di perfetta comprensione delle Scritture "Agama" e delle scienze logiche, si astenne da certe pratiche come abusare di altri, gridare, correre, saltare, danzare o apparire triste e contrito. Altri Maestri, come lui, non approvano il modo in cui, allora come oggi, sono tenuti i dibattiti, con le posture e le grida di esclamazione che li accompagnano.

Ottenne dal Maestro dbU ma pa l’iniziazione di Manjushri e, mediante la meditazione, gli fu possibile in poco tempo visualizzare il Bodhisattva davanti a lui e porgli delle domande, come un discepolo fa col suo reale maestro. Molte volte ottenne in questo modo, risposte ed istruzioni, come quella di intraprendere una vita ascetica in modo da beneficiare la Dottrina in maniera più cospicua. Si ritirò così con altri suoi compagni in un eremitaggio a ‘Ol kha, dove studiò anche sotto la direzione del maha upadhyaya Chos skyabs bzang po, la cui mente aveva raggiunto uno stadio elevato mediante la pratica dei precetti bKa’ gdams pa e sotto al guida del maha upadhyaya Las kyi rdor je (Karmavajra), che non aveva mai abbandonato la pratica del Bodhisattava ed era assistito dalla manifestazione di Corpo, Parola e Mente di Guhyapati, praticando il Lam Rim, composto da Sri Dipankarajnana Atisha.

Seguendo le prescrizioni contenute nel Vinaya, Tsong Khapa dispose che la stoffa che costituiva l’abito religioso fosse ridotta in strisce, successivamente ricucite, per richiamare l’originaria austerità delle prescrizioni monastiche sull’abito: una stoffa così trattata non poteva più essere venduta o scambiata e non era perciò un possesso prezioso per il monaco. In accordo alle altre regole del Vinaya dotò i suoi monaci di patra (ciotola per le elemosine) e nisadana ( il materassino per dormire e meditare). I Kadampa inoltre abbandonarono l’uso di indossare il mantello come cappuccio e introdussero l’uso del cappello, adottando una tunica sotto il mantello per proteggersi dai rigori del tempo himalayano.

Ritenendo i voti del Pratimoksha (liberazione, emancipazione) non sufficienti, Tsong Khapa sviluppò nei suoi allievi la spinta verso l’illuminazione attraverso i voti del Bodhisattva, cioè con la pratica del Prayoga., sul quale compose un Shastra (commentario) dal titolo mDo rtsa’i zin bris rIe Rin po ‘che bKa ’bum, nel quale dice che una persona può praticare i voti del Bodhisattva per dieci milioni di kalpa senza riuscire ad attraversare l’oceano dell’esistenza fenomenica (Samsara), se non possiede la Saggezza per intuire l’Assoluto. Dopodiché compose un trattato esponendo i precetti del Sentiero Graduale " Lam rim chen mo bKa bum ", basandosi sul testo di Atisha “La Lampada sul sentiero dell’Illuminazione”, composto nell’undicesimo secolo, mentre Atisha si trovava in Tibet.

Luogo di eremitaggio di Lama Tsong Khapa, Presso Sera - Tibet

Nel testo di Tsong Khapa è riportato il “ Stotra degli ottanta Sloka” del monaco Nag tso. Uno stotra è un inno di lode ed uno sloka è similarmente una lode in gloria o una stanza poetica. Questa lode poetica in ottanta stanze o versi, venne composto da Nag-tso in omaggio ad Atisha, di cui era l’attendente e discepolo. Nag tso  si era recato in India per invitare Atisha a recarsi in Tibet. Aveva trovato il Maestro alla famosa università di Vikramashila, ed è stato grazie al suo racconto, che il sito dove questa sorgeva è stato identificato da recenti scavi archeologici. Nag tso narra che raggiunse Vikramashila sul far della sera, dopo aver attraversato il Gange, e che dovette aspettare fuori dal cancello per tutta la notte. Mentre recitava le sue orazioni serali in lingua tibetana fu udito da un suo compatriota che alloggiava nei dormitori che affiancavano l’entrata del monastero. Il ritrovamento di rovine sulla riva destra del Gange e dei dormitori vicini all’unica entrata del complesso di Vikramashila, durante gli scavi, confermerebbero, insieme con altri particolari, che il posto corrisponde alle informazioni degli storici tibetani e indiani. Un’altra importante notizia che Nag-tso ci comunica è che a Vikramashila, alla metà dell’anno mille, il numero dei monaci non superasse il centinaio, e così del collegio di Otantapuri, dove il numero dei monaci secondo Nag-tso ammontava solo a 53 unità. Questo ci fa capire che agli albori dell’anno mille le Grandi Università Buddiste erano già in decadenza, un processo che culminerà con la distruzione operata dagli eserciti mussulmani nel XII° e XIII secolo.

Nella biografia di Tsong Khapa è riportata la sua aspirazione di recarsi in India, come molti studiosi tibetani fecero prima di lui, ma è riportata altresì l’esortazione di Manjushri ad abbandonare il piano; in realtà la praticabilità dell’impresa era contraddetta dal fatto che a far da contrappeso ad un viaggio così rischioso non c’era più la speranza di trovare Maestri o Testi buddisti particolarmente importanti, essendo già il buddismo, all’epoca di Tsong Khapa, nella seconda metà del XIV° secolo, praticamente scomparso dalla sua terra natale.

Per tornare ancora a Nag-tso, è interessante ricordare che Atisha gli suggerisce di non dire agli abati di Vikramashila che era venuto per invitarlo in Tibet, ma che era venuto per studiare. In questa maniera Atisha fa in modo che Nag-tso apprenda perfettamente la lingua indiana, oltre alla Dottrina, potendo agire in futuro da interprete tra Atisha e i tibetani. Nag-tso è infatti anche ricordato con la sua qualifica di Lo tsa ba, cioè di traduttore, senz’altro ben meritata, un ufficio eccellentemente portato a termine.

Lama Tsong Khapa era convinto che il Sentiero verso l’Illuminazione fosse esaurientemente esposto dal sistema delineato nel Lam.rim, ma che fosse altresì necessario essere iniziati al sistema dei Tantra per ottenere l’emancipazione in questa stessa vita. Scrisse perciò un commentario sul Sentiero Graduale del Tantra –sNgags rim chen mo-.

Compose anche precetti e commentari sullo Shri Guhyasamaja Tantra basandosi sui testi dell’acarya Nagarjuna e dei suoi ultimi discepoli.

Nel 1409 tenne una grande Assemblea di Preghiera-sMon lan chen mo- (forse a Lhasa), durante la quale dispensò agli intervenuti la Luce della Dottrina. In quello stesso anno fondò il monastero di dGe ldan rnam par rgyal ba’i gling, che significa: “il Luogo dei Buddha perfettamente virtuosi”, conosciuto come Ganden, il virtuoso.

Nel 1415 procedette verso bKra shis Do kha nella provincia di ‘On, dove girò la Ruota della Dottrina dei Sutra e dei Tantra. Riunì alcuni Maestri con profonda conoscenza del Tripitaka (sanc. Tripitakadharas) e classificò i punti più difficili della Dottrina, lavoro che lo tenne occupato per due mesi.

Al suo ritorno a Ganden, costruì una cappella esterna al corpo del Gompa (monastero), dove custodire un Mandala tantrico fatto di pietre preziose; una di quelle immagini divenne famosa come l’Immagine Arcobaleno- Khangda pa ‘Ja’ tshon ma-.

Nell’anno 1419 si recò alle sorgenti calde di sTod lungs, un luogo di riposo ben conosciuto in Tibet.

Mentre predicava il Guhyasamaja Tantra nel Vihara (convento) di dPal ‘Bras spungs, mise il suo seggio in modo che fosse rivolto verso il monastero di Ganden, verso il quale si recò dopo aver spiegato il nono capitolo del testo. Sulla via sentì risuonare dal cielo il suono della campana divina, ghandi, il pezzo di legno altresì usato nei monasteri per chiamare i monaci. Il gandhi e il kakkara (bastone sormontato da una lamina in bronzo di varie forme completata da tre anelli) sono peculiari degli Sarvastivada, la scuola che afferma che “tutto esiste”, cioè che i fenomeni hanno esistenza intrinseca anche se i nostri sensi sono inadeguati per coglierla interamente.

Seguendo il suono, Tsong Khapa procedette verso il suo monastero, dove consegnò al monaco Dharmasvamin  rGyalb tshab Rin po che, il mantello e il cappello, designandolo così come suo successore alla carica di abate di Ganden.

Si ritirò poi in meditazione ed i suoi discepoli videro che il suo volto era tornato quello di un ragazzo sedicenne e subito dopo egli passò nelle immacolate sfere. Era l’anno della “scrofa di terra”, 1419 A.D..

Per la Sua Infinita Grazia, anche i monaci che mai lo avevano veduto e che risiedevano in luoghi lontani, vestirono l’abito religioso che Tsong Khapa aveva introdotto, prendendo con sé la patra e il nisadana, abbandonando l’uso di coprirsi il capo con un lembo del mantello, cambiando il colore del copricapo in giallo oro che sarà peculiare della scuola Gelug che prese successivamente forma dagli insegnamenti di Lama Tsong Khapa.

 

Tratto da: I Blu annali del Tibet,“The Blue Annals, the Stages of the Appearance of the Doctrine and Preachers in the Land of Tibet”, compilato dal monaco ‘Gos lo tsa ba gZon nu pal , tra il 1476 e il 1478.

L’edizione di riferimento è la traduzione inglese a cura di George N. Roerich, edita nel 1988 a Delhi.

Tutte le date contenute nel testo sono fornite usando il ciclo sessagenario tibetano, tratto da quello cinese. L’uso di tale metodo fu introdotto in Tibet nel 1027 A.D., contemporaneamente alla diffusione nel paese del Kalachakra Tantra.

(Max Di Palma & Giovanna Piana)