CENNI STORICI SULL’UNIVERSITÀ DI VIKRAMASHILA.

 

 

Vikramashila fu fondata alla fine dell’ottavo secolo dal re Dharmapala, conosciuto col nome di Vikramshila, cioè “dalla salda moralità”, che passò il molto ben appropriato appellativo all’università, che doveva formare Maestri di indiscussa statura morale.

Si narra che il re, visitando quel luogo, ammirasse le amene colline che fiancheggiavano il Gange e decidesse che quello fosse il posto perfetto per ospitare un Vihara o monastero. Il re Dharmapala, che regnò tra il 770 e l’815, apparteneva alla dinastia dei Pala, che dominò sul Bihar e sul Bengala, iniziata col re Gopala, padre di Dharmapala, arrivato al potere sconfiggendo i Gupta, per terminare nel tredicesimo secolo soverchiata dai Sena, che avevano il loro centro più ad est, nel Bengala.

Protettori del Buddismo, i regnanti Pala hanno lasciato nella loro area di influenza tesori artistici che saranno il modello di tutta la produzione futura in Asia. Un’iscrizione su lastra di rame ritrovata a Nalanda riferisce che il successivo re Devapala dedicò nell’850 la rendita di cinque villaggi al mantenimento del monastero, che già esisteva al tempo del Buddha, ma che venne ricostruito dal principe Shalendra della dinastia javanese dei Balaputradeva.

Alla fine del XII° secolo si ebbe la distruzione del centro buddista di Vikramashila, ma non è certo se per opera degli invasori mussulmani del condottiero Bakhtiyar Khilji, o per mano degli osservanti della religione Bhramanica. Secondo lo studioso e monaco tibetano Dharmasvamin, che visitò il sito poco dopo la sua distruzione, tra il 1234 e il 1236, tutti gli edifici erano stati rasi al suolo e le pietre di fondazione gettate nel Gange. Inoltre specifica che il monastero era ancora in attività durante la visita di suo zio cinquant’anni prima. Da ciò si desume che la distruzione deve essere avvenuta tra gli anni 1199 e 1206. Secondo la relazione del Lama Taranath, il periodo di fioritura di Vikramashila è compreso tra i periodi di regno di re Dharmapala e quello del re Chanaka, e ciò concorda con le altre cronache. Per identificare il sito sul quale sorgeva Vikramashila gli archeologi si sono basati su resoconti come questo e sul dettagliato racconto che Dromton dedica alla missione di Ngokton in quella università. La storia di Dromton descrive l’arrivo a Vikramashila di Ngokton e dei suoi compagni di viaggio, al far della notte, dopo aver attraversato il Gange e aver asceso una ripida collina. Arrivando da nord, dal Tibet, significa che il complesso si trovava sulla riva destra del Gange e che presumibilmente l’entrata doveva fronteggiare il fiume.

 Negli anni ottanta l’Archeological Survey of India intraprese una campagna di scavi vicino alla città di Bhagalpur sulla riva destra del Gange e precisamente ad Antichak nello stato del Bihar a circa duecento chilometri a est di Nalanda.

Il professore K.M.Srivastava, ex direttore dell’Archeological Survey of India e attualmente ricercatore Senior dell’Indian Council of Historical Research, ha pubblicato un articolo nel 1987 dal titolo: “The lost university of Vikramsila”, nel quale vengono descritti dettagliatamente quali edifici sono stati ritrovati e riconosciuti. Per prima cosa venne alla luce il Chaitya centrale, cioè un grande stupa alto 15 metri e del diametro di 100 metri, a pianta cruciforme. Quattro spaziose camere con colossali immagini di Buddha e Bodhisattva rivolte ad ognuna delle quattro direzioni, furono trovate addossate alla struttura. Le altre costruzioni coprono un’area di 330 metri quadri e comprendevano una serie di celle monastiche, calcolate in numero di 210, ai lati dell’entrata settentrionale. Questa sembra l’unica entrata esistente al complesso, larga circa 14 metri e lunga 16 metri, conducente al Chaitya.

La sua pavimentazione, trovata quasi intatta, è costituita da mattoni posati in costa, mentre gli edifici erano in pietra.

In accordo alla tradizione che descrive Vikramashila formata da uno Stupa circondato da un muro, sono state trovate le mura esterne con proiezioni a forma di torre agli angoli, e altre proiezioni rettangolari ad una distanza di 23 metri l’una dall’altra.

Oltre ad presentarsi come un grande centro di sapere l’università mostra di essere stata un luogo di eccellenti produzioni artistiche. Immagini in pietra, bronzo e terracotta sono venute alla luce durante gli scavi. Numerose le immagini di Buddha Shakyamuni e Maitreya e dei Bodhisattva Avalokitesvara e Manjusri.  

Nei Blu Annali è narrata la missione dei monaci guidati da Ngokton, che arrivando a Vikramashila di notte e non sapendo come entrare si disposero fuori dal cancello ad aspettare e nel recitare le loro preghiere serali in tibetano, furono sentiti da un loro compatriota, rGya brTon ‘grus sen ge, che dimorava in uno dei ricoveri. RGya brTon ‘grus sen ge riconobbe l’idioma parlato dal gruppo appena giunto, ma non fu in grado di farli entrare, perché presumibilmente l’ingresso di notte era sbarrato. Il giorno dopo presentò i sui compatrioti al venerabile  Atisha, che però disse loro di non parlare ad altri della loro intenzione di invitarlo in Tibet e suggerì che dicessero invece di essere venuti per motivi di studio. In questo modo li esortò a studiare in quella prestigiosa università, dove sicuramente Ngokton apprese il sanscrito, diventando così uno degli interpreti di Atisha quando questi viaggerà in Tibet e meritando il titolo di Lotsava, cioè traduttore, aiutando Atisha a tradurre in tibetano dal sanscrito, testi sia dello stesso Atisha che di altri maestri indiani. Al momento di lasciare Vikramashila l’abate del monastero fece fare ai tibetani una promessa: che dopo tre anni avrebbero riportato Atisha a Vikramashila. Quando dopo tre anni di permanenza in Tibet i suoi discepoli gli ricorderanno la promessa fatta, Atisha si rifiuterà di tornare, ma li pregherà di recapitare a Vikramashila il testo da lui composto in Tibet: Byang chub lam gyi sgron ma – sanscrito Bodhipatha pradipam ,  “La Lampada sul Sentiero dell’illuminazione”. Gli abati di Vikramashila quando videro il trattato si rallegrarono e si consolarono del fatto che Atisha non fosse tornato, pensando che forse solo a causa della sua dipartita fosse stato composto un trattato così fondamentale.

 

G. Piana

(continua)..