Z E N

Lo zen in Vietnam dalle origini a oggi:

http://www.esserepace.org/testi/t_vietbud.html

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Anche:

http://www.romazen.it/pratica/letture.htm

http://users.libero.it/seza/

Si dice che lo Zen non può essere descritto in parole ma che deve essere sperimentato. Per tale ragione una descrizione completa andrebbe al di là dello scopo del presente riferimento. Un’approssimazione abbastanza vicina potrebbe essere l’Illuminazione. Lo Zen è una forma di Buddhismo Mahayana, per la precisione una forma giapponese della tradizione cinese Ch’an che mutua dal Taoismo e se in un primo tempo le due tradizioni si influenzarono reciprocamente in seguito si distanziarono nella loro peculiarita’ (“Ch’an” deriva dal sanscrito “dhyana”, ovvero meditazione).
Le origini dello Zen vengono per tradizione tracciate dal filosofo indiano Bodhidharma (le date non sono conosciute, probabilmente nel 530 circa).

All’interno dello Zen, vi sono molte scuole che sviluppano lo stato conscio e l’illuminazione usando varie tecniche diverse.
Due delle scuole maggiori dello Zen sono Soto e Rinzai.
Soto tende a stressare la meditazione zazen, mentre Rinzai tende a focalizzarsi sulla pratica koan. Lo scopo è quello di rompere la natura conflittuale e illusoria del mondo materiale.
I seguaci dello Zen sviluppano una forma dello stato conscio nel quale ogni esperienza viene percepita come la prima.
Al cuore dello Zen risiede il concetto della realizzazione improvvisa della scuola Rinzai e di quella graduale della scuola Soto.

Esistono anche altre tradizioni come le Vietnamite di Tich Nath Han e Coreane di Chinul.


Il Buddhismo Zen in Giappone

Il termine Zen è la lettura giapponese del vocabolo cinese ch’an, che significa letteralmente “meditazione”. In Cina la dottrina Ch’an ebbe una grande diffusione soprattutto durante il periodo Tang: come altre dottrine Buddiste (tra cui l’amidismo) essa fu importata in Giappone già durante il periodo Heian, ma solo a partire dal periodo Kamakura essa diede origine a due scuole indipendenti: la scuola Rinzai, fondata dal maestro Eisai (1141 - 1215), e la scuola Sôtô, fondata da Dôgen (1200 - 1253), discepolo di Eisai.
La dottrina Zen dà grande importanza ad un cammino di illuminazione personale che ha come meta il raggiungimento di una comprensione intuitiva della realtà non mediata dalla ragione (satori), che viene raggiunta attraverso lunghe sedute di meditazione (zazen) e attraverso l’attenzione esercitata anche nelle occupazioni apparentemente più umili. Tale “risveglio illuminato” non è aiutato dal ragionamento e dalla logica che anzi costituiscono un intralcio in quanto imprigionano la realtà in una gabbia di concetti precostituiti, riduttivi e ultimamente illusori; per questo motivo l’addestramento zen fa volentieri ricorso a paradossi logici (kôan) o ad atteggiamenti sconcertanti o addirittura violenti (la
tradizione zen è ricca di aneddoti a questo proposito).
Analogamente lo zen è diffidente nei confronti della cultura e dei libri come mezzo di trasmissione della dottrina; questa può essere appresa solamente dall’insegnamento diretto di un maestro che guidi ad una esperienza vissuta personalmente. In un certo senso si tratta di una dottrina che opera un ritorno alla semplicità della predicazione originale del Buddha, trascurando o rigettando esplicitamente le costruzioni intellettuali e le interpretazioni metafisiche proprie di altre scuole.

Il famoso giardino secco del tempio Ryôanji a Kyôto, un “manifesto” dell’influenza dello zen sull’arte.

Il buddhismo zen ha avuto una grande importanza nello sviluppo della cultura giapponese a partire dall’età medioevale fino all’epoca presente. La sua semplicità dottrinale, il suo richiamo ad una morale semplice e austera, alla meditazione e all’autocontrollo ben si accordavano con i valori ed il modo di vivere della classe dei guerrieri al potere. In campo artistico questi ideali si sono tradotti in quella concezione estetica semplice e sobria, raffinata ma essenziale che siamo soliti associare con l’arte giapponese in generale (e che viene descritta in una parola dal termine shibi) ma che in realtà nasce in questo periodo (sicuramente gli ideali estetici della corte di Heian erano alquanto diversi).
Tale concezione è esemplificata da alcune forme d’arte tipicamente giapponesi che sono nate o hanno avuto una nuova fioritura a partire dall’età medioevale: la pittura a inchiostro di china (sumi-e o suibokuga), la costruzione di giardini con acqua o “asciutti”, la cerimonia del tè (cha no yu o chadô o sadô), l’arte di disporre fiori (ikebana). Un riflesso di questa tendenza estetica si può parimenti riscontrare anche nella musica.
Bisogna tuttavia evitare dal considerare troppo schematicamente questa connessione tra zen e arte come un’influenza unidirezionale della religione sugli altri campi della cultura; si potrebbe forse altrettanto fondatamente sostenere che i giapponesi si siano scelti la religione che più li soddisfaceva, modificandola ed adattandola alla propria mentalità.

(Articolo di Mimmo).