Dignaga

Dignaga

(Dal PRAMANASAMMUCCAYA):

Saluto colui che è Logica impersonificata,
Che si occupa del benessere degli esseri viventi,
Il Guru, il Benedetto, il Protettore,
E per dimostrare i modi della prova logica,
riunirò in un unico testo
diversi frammenti da altri miei scritti.

In una data imprecisata all’inizio del V secolo, Dignaga (anche conosciuto come Dinnaga) nacque in una famiglia di Brahmini a Simhavakta vicino Kanchi (Kanchipuram).

Poco o nulla si sa dei suoi primi anni, a parte il fatto che il suo Upadhyaya, (precettore spirituale), fu Nagadatta, esponente della scuola dei Vatsiputriya. Questa branca del pensiero Buddhista espone l’opinione che esiste una sorta di reale carattere individuale, indipendentemente dagli elementi o dagli aggregati che lo compongono.

Sebbene Dignaga studiò approfonditamente l’intero Tripitaka delle scuole non Mahayana, non fu soddisfatto dal tentativo dei Vatsiputriyan di negare l’eternalismo del Sé, affermando nel frattempo la sua continuità attraverso una successione di vite. Quando il suo precettore si unì a lui per cercare “l’indescrivibile Sè", il principio dell’ 'Io' che non è né identico né diverso dagli skandha, Dignaga ripetutamente esaminò se stesso da ogni angolazione. Non trovandolo continuò la ricerca spogliandosi via via di tutti gli indumenti, fino a rimanere nudo.

Quando Nagadatta gli chiese il motivo di tale comportamento, egli replicò che non avendo potuto trovare nulla che gli apparisse come il suo sé, aveva provato a denudarsi per scoprire se qualcosa gli fosse rimasto nascosto. Nagadatta riconobbe in questa risposta un’aperta sfida alla sua dottrina e ordinò a Dignaga di lasciare il suo vihara, la comunità monastica.

Dignaga se ne andò in silenzio. Sapeva che avrebbe potuto dimostrare che la dottrina di Nagadatta era insostenibile, ma era nello stesso tempio conscio della situazione imbarazzante di dover attaccare gli insegnamenti del suo Upadhyaya. Il suo tentativo di indicare questo problema indirettamente aveva solo causato la collera di Nagadatta e Dignaga partì col cuore pesante.

Poco tempo dopo incontrò Vasubandhu, che comprese pienamente l’intuizione di Dignaga e lo iniziò al pensiero degli Yogacara. Vasubandhu spiegò cinquecento sutra a Dignaga, inclusi tutti quelli che appartengono sia alla tradizione Mahayana che Hinayana, come anche i dharani sutra. Con un simile maestro divenne anche esperto nella scienza dei vidya mantra e nell’arte del dibattere. Nonostante ciò sentiva di essere uno studioso inefficace a causa della sua incapacità di persuadere il suo primo maestro di riconsiderare la sua dottrina. In questo stato di depressione spirituale, Manjushri, il Bodhisattva della Saggezza, gli apparve in una visione e, conferendogli istruzioni di profondo Dharma, rigenerò il suo entusiasmo e la sua forza spirituale, così che Dignaga riprese il suo lavoro con rinnovato zelo e con una passione che resterà immutata per il resto della sua vita. Osservò subito dopo un lungo ritiro in una grotta nella collina di Bhotashela vicino Odivisha (Orissa), dove la sua intensa meditazione generò l’inesprimibile frutto del samadhi.


Pochi anni più tardi un grande dibattito si tenne a Nalanda, dove, come in molte comunità monastiche, Buddhisti di diverse scuole convivevano pacificamente insieme a studenti ed insegnanti non-Buddhisti. Dignaga fu invitato a dibattere con un gruppo di tirthika, istruttori non-Buddhisti rinomati per la loro destrezza dialettica. Dignaga li sconfisse uno ad uno in modo così penetrante che tutti loro si unirono al Sangha. Rimase per qualche tempo a Nalanda dove insegnò i Sutra e dove scrisse lavori sulla dottrina Yogacara e sulla logica. Alla fine tornò al suo ritiro di Bhotashela e si dedicò alla meditazione. Fu in quel luogo e in quel tempo che decise di comporre il Pramanasamuccaya, aforismi sulla pramana, cioè la valida conoscenza. Nonostante che per comprendere il Pramanasamuccaya siano richiesti saldi requisiti di logica dialettica, i Buddhisti di tutte le scuole, nonché induisti, Jainisti and Zoroastriani sentirono l’esigenza di studiarne il contenuto per meglio comprendere il proprio retaggio spirituale. L’opera fu tradotta in Cinese nella seconda metà del sesto secolo e rimane la pietra di fondazione della “nuova logica”, secondo la profezia di Manjushri che disse che “questo Shastra (commentario) diventerà l’unico occhio di tutti i Shastra".

Il Pramanasamuccaya tratta della Mente Valida e come ottenerla. Descrive inoltre aspetti della mente di Buddha. Le parole del Buddha sono il nostro supporto per capire "i fenomeni molto nascosti" (non comprensibili da concetti). Mostra la validità e la realtà della mente e degli insegnamenti del Buddha. Insieme al "Pramanavarttika di Dharmakirti (che è un commentario al Pramanasamuccaya di Dignaga), questi sono importanti testi studiati ancora oggi nelle importanti università monastiche Tibetane così come lo furono in India. In particolare entrambi questi trattati sono inclusi nel programma di studi dei Geshe Gelugpa per quanto riguarda l'EPISTEMOLOGIA, cioè la teoria che tratta della mente e della conoscenza e come sviluppare la saggezza e la conoscenza di cosa è al di là delle nostre esperienze del mondo sensoriale.

Max di Palma & Gio Piana