Grazie all'aiuto di Mario Manzoni e di Giovanna Piana, abbiamo completato la traduzione della "Prajnaparamita Ratnagunasamcayagatha" che è la versione "in versi" contenuta nell'Astasahasrika Prajnaparamita, (“Perfezione della Saggezza in 8.000 linee) che include appunto il testo in prosa e quello in Versi chiamato Ratnagunasamcayagatha o "Collezione delle virtù simili al gioiello".

La traduzione è stata corretta e rivista cercando di tenere conto (il più possibile) delle versioni in Tibetano e Sanscrito che sono allegate e linkate nel file pdf per una facile consultazione dei versi in lingua originale e in Tibetano.

E' una "prima versione", abbiamo in programma di rivederla ancora e magari di pubblicarla, anche alla luce di opinioni e consigli di quanti la leggeranno e di una nuova revisione del testo Tibetano.

Scaricate il testo qui:

PRAJNAPARAMITA_RATNAGUNASAMCAYAGATHA_It Versione pdf "Completa" dei testi in Sanscrito e Tibetano linkati nella traduzione. (4,33 Meg)
PRAJNAPARAMITA_RATNAGUNASAMCAYAGATHA_rft File versione RFT, non include i testi in Sans & Tib. (47 Kb) -Compressa (Zip)

 

In qualità di "prima versione", suggerimenti ed opinioni sono più che benvoluti. La diffusione del materiale in questione è totalmente gratuita e spero che siti web, gruppi di studio e singoli praticanti ne traggano utilità.

I Sutra della Perfezione della Saggezza o "Prajnaparamita" sono un gruppo di Sutra Mahayana fondamentali, dei quali si conoscono molte versioni sia in sanscrito sia in cinese, nonché in tibetano. Sono in forma di dialoghi e i principali interlocutori sono tre dei discepoli più conosciuti di Buddha: Subhuti, Shariputra e Ananda.
La Prajnaparamita in 8000 linee contiene due versioni del testo: una in versi e una in prosa.
La traduzione qui prospettata è quella in Versi dal titolo:"Prajnaparamita Ratnagunasamcayagatha" e consiste in 302 "Versi sulla perfezione della Saggezza che è la Raccolta delle Preziose Virtù", dove le Preziose Virtù sono quelle della "Madre dei Buddha", come è specificato nella versione cinese. L'editore della versione originale del testo tradotto da Conze è Haribhadra, grande esperto e conoscitore della Prajnaparamita, vissuto nell'ottavo secolo, sotto la dinastia buddhista dei Pala che regnava nel nord-est dell'India. Con ogni probabilità Haribhadra fece riferimento ad un testo già citato da Candrakirti verso il 600 d.C., sotto il titolo di "Arya Samcayagatha".
Comunque il commentario di Haribhadra: l'Abhisamayalankaraloka, è utilissimo e chiarificante per comprendere la Prajnaparamita. Il Prof. Conze ha usato tale commentario come riferimento per la traduzione. La nostra versione in Italiano si basa in gran parte sulla traduzione di E. Conze.
Probabilmente i 41 versi contenuti nei primi due capitoli della "Prajnaparamita Ratnagunasamcayagatha ", costituiscono la parte più arcaica di questo Sutra, la cui versione più antica può essere ricondotta al primo secolo avanti Cristo. Il suo titolo era verosimilmente "Prajnaparamitacarya", cioè la "Pratica della Perfezione della Saggezza". La prima traduzione della Prajnaparamita in ideogrammi cinesi si intitolava "La Pratica del Sentiero", cioè "Tao Hsing".
Esistono in questa versione poetica 52 versi che non si trovano nella versione in prosa: quelli che trattano delle cinque Perfezioni che conducono alla Perfezione della Saggezza e quelli che trattano delle "Similitudini" che egualmente sono assenti. Di estremo interesse sono appunto le "Similitudini" del capitolo XX che esamina il soggetto particolarmente difficile della posticipazione dell'entrata nel Nirvana per un Bodhisattva e descrive le "Tre Porte per la Liberazione" e come la meditazione su di esse possa essere praticata senza gli indesiderabili effetti collaterali.

Il "Ratnagunasamcayagatha", che è un sommario in versi contenuto nell'Astasahasrika Prajnaparamita, non è scritto in Sanscrito letterario standardizzato, ma in quello che oggi è conosciuto come Sanscrito ibrido buddhista e può quindi essere di poco precedente al più esteso testo in prosa. Di fatto le versioni antiche di molte opere indiane sono generalmente in versi e siccome i versi sono più difficili da interpolare della prosa, si può arguire che i testi in versi siano giunti a noi meno ritoccati e modificati.
Il "Ratnagunasamcayagatha" è un testo ancora molto popolare in Tibet e si trova spesso associato con due altre opere: "I Voti di Samanthabhadra" e "La Recitazione degli Attributi di Manjushri".

La versione in prosa è intitolata "Astasahasrika Prajnaparamita", che significa "La Perfezione della Saggezza in 8.000 linee" o 'sloka', termine che indica un'unità di 32 sillabe. E' una delle versioni più antiche di questo Sutra, che risale probabilmente intorno al 100 avanti Cristo.
Esistono versioni "espanse" in 10.000, 18.000, 25.000, 100.000 sloka e "contratte" in 25.000, 700, 300 (Sutra del Diamante - Vajrachedika Sutra), 150, 25 (Sutra del Cuore - Hrdaya Sutra) ed infine in una sola sillaba "A". Il Sutra del Diamante e il Sutra del Cuore sono due testi molto popolari ed hanno avuto una grande influenza sullo sviluppo del Buddhismo Mahayana.
Esistono anche versioni Tantriche della Prajnaparamita in manoscritti risalenti al 500 d.C. ed epoche successive.
La lingua dell'Astasahasrika (in prosa) è il sanscrito letterario e la sua antichità è pure confermata dalla prima versione in lingua cinese datata 179 d.C., dove si può notare che il Sutra aveva già assunto il formato di base preservato nell'esposizione sanscrita.
Il testo sanscrito della versione in versi usato qui è quello dei manoscritti Pala datati tra il 1000 e il 1150 d.C., date confermate dalle traduzioni tibetane e cinesi. Il colophon riportato nel bKa' 'gyur rivela la grande attenzione e reverenza che alcuni dei più rinomati studiosi tibetani hanno dedicato a questo Sutra nel corso dei secoli.
Sono stati composti molti importanti commentari alla Prajnaparamita, oltre a quelli già citati di Haribhadra e Candrakirti; alcuni di essi, come "L'Ornamento per le Chiare Realizzazioni" (Abhisamayalamkara) di Maitreyanatha, servono come base per comprendere i profondi insegnamenti sulla vacuità e sono importanti testi di studio.
Il nome stesso "Prajnaparamita" è un interessante oggetto di studio: come spiegato da Dignaga, il termine significa "La Gnosi non-duale del Buddha", (sanscrito: jnanam advayam sa Tathagatah), dove non-duale significa "non differenziata tra soggetto e oggetto".(san. adwaita grahya-grahaka).
Il termine "Prajna" è usualmente tradotto con Saggezza, il termine "Paramita" con Perfezione, ma per quest'ultimo sarebbe più consono seguire il modo con il quale i tibetani lo hanno reso nella loro lingua. Per tradurre il termine sanscrito essi coniano le parole "pha rol tu phyin pa" che significano "Andato al di là", cioè una Conoscenza Sovramondana o Trascendentale, che esiste al di là di questo mondo relativo e differenziato.

Note alla traduzione italiana

La traduzione inglese sulla quale si è principalmente lavorato e dalla quale sono state estrapolate alcune delle precedenti note, è quella di Edward Conze, pubblicata per la prima volta nel 1958 per l'Asiatic Society of Calcutta.
Nella prefazione dell'opera si sottolineava che una traduzione letterale del testo lo avrebbe reso faticoso da leggere e praticamente inintelleggibile a coloro che non disponessero del testo originale sanscrito. Piuttosto Conze preferì una traduzione che chiarisse il significato del Sutra, spesso con l'aiuto del Commentario di Haribhadra e che rimanesse aderente al testo originale solo quando fosse compatibile con la sua comprensione. La riproduzione delle convenzioni letterarie e delle peculiarità stilistiche dell'oratoria sanscrita buddhista non furono, per sua stessa ammissione, tra gli obiettivi che il Prof.Conze si era prefisso.
Nella nostra traduzione in italiano i punti che ci risultavano ancora poco chiari nel testo inglese di Conze, sono stati confrontati con la versione tibetana e quella Sanscrita, consultando il testo xilografato di questo Sutra contenuto nella versione di Derge del bkan' 'gyur, intitolato "Shes rab kyi pha rol tu phyin pa sdud pa tshigs su bcad pa " e con quello quasi identico e dallo stesso titolo contenuto nel bkan' 'gyur dell'edizione di Lhasa.

Max Di Palma

sarva mangalam!